Bestiario immaginario e scritture di un tempo mitico di Giovanni Gentiletti
Anni 70, Giovanni Gentiletti, artigiano dei metalli per vocazione e scultore per passione, ha lavorato e vissuto a Pesaro, lontano dalle città, allora centri di lotta sociale e di rivendicazioni degli operai, giovani e femministe, Gentiletti continua a fare sculture figurative atemporali, epiche, quando l’arte diventa politica, cronaca, contestazione e sperimentazione di nuovi linguaggi concettuali, alternativi alla scultura e alla pittura. Lontano dal caos, isolato nella sua casa Atelier situata sul colle di San Bartolo, ricavata da una vecchia cascina, Gentiletti elabora una poetica intimista e funambolica, dando forma ad un bestiario immaginario, unico e irripetibile. In questi anni detti “di piombo”, lo scultore sogna, evade dal reale, elaborando una mitologia surreale che sarebbe piaciuta a Borges, Breton, Alberto Savinio e Walt Disney.
Tra gli anni ‘ 70 e ‘ 80 prendono forma le sue “Rondini in volo” , “ Ibis Rosso”, “Airone” e insetti e altre sculture zoomorfe di rame che se da una parte lo isolano dal contesto culturale di arte impegnata inserita in un ristretto circuito sperimentale, dall’altra lo distinguono per la fedeltà alla scultura e per una personalissima poetica visionaria, surreale, dai risvolti mitologici. Gentiletti immagina un ‘arca di Noè improbabile abitata da una zoologia fantastica, lo testimoniano i suoi Ibis, gli Aironi e altri animali ieratici e maestosi che mescolano naturalismo e immaginazione e nascono come forme ipotetiche: presupposti plastici e cromatici per indagare staticità e movimento e lo sviluppo di forme pseudo naturaliste in espansione in uno spazio chiuso, all’insegna di unità e molteplicità. Negli anni ‘90, Gentiletti passerà a una lenta e progressiva riduzione degli elementi decorativi, prevarranno forme sferiche, quadrate, coniche, rettangolari, più asciutte ed accentuerà il linguaggio cromatico dei metalli. Questa svolta di sintesi formale rappresenta un‘indagine dell’opera concepita per moduli dalle forme geometriche, in rapporto allo spazio, evidenziando un’analisi più concettuale del tempo, espresso come segno, geroglifico, scrittura arcaica di un linguaggio cuneiforme che diventa memoria, come dimostrano “Calendario”, “ Fungo Cactus dell’alfabeto”, “I segni del tempo” ,“ Grande Cono” . Ci sono altre opere in cui lo scultore si concentra sul linguaggio materico e cromatico e matura un codice astratto-geometrico-segnico, autoreferenziale, che svilupperà successivamente nelle “Porte dei sogni ”,
“I segni del Tempo ”. Chiudono l’antologica gli originalissimi “Altaroli ex –voto” (2004- 2008): un testamento poetico della sua devozione ai metalli, allo sbalzo e all’arte del cesello del rame . Le sculture esposte selezionate da Ilaria Gentiletti, sono una sintesi delle evoluzioni stilistiche di uno scultore che ha fatto della sua conoscenza tecnica dei metalli una possibilità di sperimentare un linguaggio specifico e riconoscibile . Il suo “cavare fuori” dal rame, metallo caldo, vivo, il preferito da Gentiletti, oltre che dal ferro, ottone, piombo, acciaio inossidabile, dosando la ruggine, diventano reperti di un’ archeologia della memoria. I suoi ceppi con trascrizioni segniche del suo tempo speso tra forni, laboratori, tra gli studenti del Centro Tam
( Trattamento Artistico dei Metalli, a Pietrarubbia, fondato da Arnaldo Pomodoro ), dove per anni ha insegnato agli studenti i segreti dei metalli, dello sbalzo, delle tecniche antiche e il valore dell’artigianalità. Per capire la sua arte è necessario andare nel suo atelier immerso nelle colline marchigiane dalle curve sinuose, così entrerete nel suo mondo fantastico, in cui le sculture interagiscono con lo spazio circostante, dove si sente ancora l’odore acre dei metalli e si ha la sensazione di avvertire la sua presenza iscritta nelle sue opere.